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RIPOSARE GLI OCCHI

15.11.2025 – 16.11.2025

Nicoletta De Santoli

Spazio Hangar apre le porte al pubblico Sabato 15 Novembre dalle ore 18:00 con Riposare gli occhi, curata da Giulia Pontoriero, rassegna e mostra personale di Nicoletta De Santoli, artista pugliese di base a Bologna, in collaborazione con Gianluca Marion e Beatrice Bernini. L’evento gode del patrocinio e del riconoscimento istituzionale del Municipio XI – Arvalia Portuense e la partnership co CIRCOLO ACLI ARCADIA Aps. Il progetto espositivo mira a porre l’accento di riflessione sull’urgenza di opporsi alle dinamiche di iperstimolazione e iperattività proprie della società produttiva e performativa, sperimentando una dimensione di inattività consapevole - simile allo stato di trance - in uno spazio tempo solitamente associato e dedicato al suo opposto. De Santoli ragiona sulla connotazione politica del non agire, intesa come atto di diserzione non limitato al mero abbandono del campo di esistenza, ma come resistenza passiva contro ogni complicità esplicita o implicita verso un sistema iperproduttivo portato alla disattenzione dei propri istinti naturali di rigenerazione e stasi. L’artista invita, così, lo spettatore verso un processo di riconnessione sensoriale, concentrando il fulcro del suo lavoro sulla natura archetipa degli organi di senso, con particolare attenzione all’udito e alla vista. Riposare gli occhi, frase spesso utilizzata per indicare l’allontanamento da uno stato tensivo momentaneo, nasce proprio dall’esigenza di recuperare una dimensione sospesa e non visiva. “La visività ai tempi dei media è legata all’imperativo del vedere, ovvero all’obbligo interiorizzato di dover e voler essere sempre attivi, in perfetto accordo con la triade comunicazione-produzione-consumo” (Nicoletta De Santoli). Riposare gli occhi, come progetto espositivo, introduce all’interno degli ambienti di SPAZIO HANGAR un corpo di opere che spaziano dalla pratica performativa alla fotografia, dall’installazione sonoro al video, mettendo lo spettatore di fronte alla scelta di partecipare all’intento di non agire, invitandolo a ragionare sul ruolo del lavoro, non inteso solo come strumento di produzione, ma come riconoscimento della propria esistenza attraverso le forme del fare. Il percorso espositivo si articola in forma libera, ma tematica: all’interno degli ambienti permanenti di SPAZIO HANGAR, De Santoli in collaborazione con il sound designer Gianluca Marion, introduce, Riposare gli occhi, un installazione sonora e titolo della mostra, come ricostruzione di una mappa sonora della sua camera da letto nel momento prossimo all’assopirsi. Ad uno spazio intimo di di semi coscienza cognitiva si alterna quello visivo proponendo come cornice il progetto Myopia, sequenza di opere fotografiche, scattate in analogico, inserite all’interno di dispositivi mobili di occultamento, che ne impediscono la lettura visiva complessiva, alludendo allo stato percettivo di miopia. A seguire, l’artista si serve de video, ripetuto simultaneamente in più dispositivi, come forma espressiva dell’opera “Lavorare stanca”: video-karaoke dove al primo articolo della Costituzione Italiana De Santoli sovrascrive alcuni passi di “Distruggiamo il lavoro” noto saggio di Alfredo Bonanno, interpretati dall’attrice Beatrice Bernini. Riposare gli occhi conclude poi il suo percorso con “I would prefer not to” pratica performativa ospitata all’interni degli ambienti della palestra, dove l’artista invita lo spettatore a sdraiarsi in silenzio, per sondare la capacita dello stesso di abitare l’inattività e il vuoto.

Artista 

Nicoletta De Santoli 

in collaborazione con

Gianluca Marion e Beatrice Bernini

Organizzatore 

Arianna Sera

Coordinamento artisti e curatela

Giulia Pontoriero

Testo critico 

Giulia Pontoriero

Progetto Grafico

Eleonora Baccari

Patrocinio di 

Municipio XI Arvalia Portuense

Sponsor Tecnico

Syrtis Electronics Srl

Municipio XI_rosso-01.png

PDF EXHIBITIONS – PRESS RELEASE

PDF EXHIBITION

Consulta il PDF della mostra

Press Release

Press Kit

TESTO CRITICO

There Is No Alternative. (?)

di Giulia Pontoriero​​

Per molti, ribellarsi alla politica del fare è un pensiero oramai considerato sovversivo, al limite della distopia più contorta. L'esistenza del singolo risulta difatti validata se è solo se quest'ultimo si dimostri intento a misurare il valore economico e produttivo del suo stesso agire. There is No Alternative. Sono stati Frederic Jameson, Slavoj Zizek ed infine Mark Fisher, nel suo Realismo Capitalista (2018), a confermare la lenta ed inevitabile insinuazione di un senso di alienazione profonda, di rassegnazione oramai collettiva, e a dichiarare dunque che “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. Successivamente, il filosofo Franco "Bifo" Berardi è arrivato a sostenere l’esistenza di una società basata non più solo sul capitale, ma sul semio-capitale.Questo si fonda sullo sfruttamento dell’anima come forza produttiva. Con l’avvento della digitalizzazione dei sistemi di lavoro e dei processi produttivi, il capitale non ha più bisogno di reclutare forza-lavoro, ma si limita ad investire e comprare pacchetti di tempo sempre più accorciati, basati sulla creazione e produzione della continua estensione della visività e della visibilità. La produzione incessante di stimoli ed input visivi crea frammenti di un reale alterato e parziale. Attraverso semplici processi di montaggio, in cui singoli elementi video vengono frazionati e riassemblati fra loro, il rapporto realtà-finzione subisce una continua esacerbazione del dubbio che, sotto inquisizione finale, viene accettato passivamente come parte integrante della dimensione del reale stesso. Si manipola e si persuade l’opinione del singolo per poter far parte di una collettività fittizia. Ed è proprio all’interno della rete connettiva che si forma “l’organismo cosciente estendibile, il quale è sottoposto alla pressione competitiva, all’accelerazione dello stimolo ed ad uno stress costante dell’attenzione”(F. Bifo Berardi, E:la congiunzione, NERO, 2021). Un mercato semiocapitalista fonda il suo potere persuasivo su logiche di automatismo tecnico e psichico, sul rilascio di flussi di dopamina istantanei che provocano un senso di appagamento ossessivo e dipendente per mezzo di singole interazioni connettive (video, shortcut, immagini, like, commenti, sondaggi ecc.) impostate sulla massiva offerta al consumo del visivo. Nella società della performance la validazione dell’agire del singolo è confermata solo dalla testimonianza della sua stessa presenza all’interno dell’infosfera. L’indifferenza non è ammissibile per i corpi connettivi. All’interno dello sciame (Byung-Chul Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo 2023) l’inattività digitale implica di conseguenza l’inesistenza del singolo. Non si tratta dunque di mettere a disposizione un prodotto finito, ma mostrare e rendere visibili, in quei pacchetti frazionati di tempo, la sua consumazione fisica e corporea. L'interrogativo che mi sono posta in partenza, insieme a Nicoletta De Santoli, per determinare l’immagine finale e complessiva di Riposare gli occhi, è stato quello di chiederci in che modo l’arte, sulla base di quanto detto sopra, possa aprire davvero un interstizio tra sperimentazione e riflessione, senza cadere nelle sabbie mobili dell'iperstimolazione, del moralismo, dell’anestetizzazione o dell’estetizzazione coatta. La messa in atto di un fare artistico parte dalla nascita di un’urgenza testimoniale: l’artista, per essere autentico, diventa responsabile di quest’ultima e coscienza critica del suo stesso presente. Cogliere quell’urgenza consiste nell'abbandonare qualunque forma ideologica e inter-soggettiva e farsi carico del suo peso della sua natura. Il lavoro svolto in questo anno insieme a Nicoletta si è andato via via indirizzando verso un’indagine del concetto di visività, intesa come il “primo grado e stadio della manifestazione del fare” (De Santoli, 2025). Ed è proprio partendo dal visivo che l’individuo è spinto verso la ricerca di un agire. L’interstizio tra l’io essente, in quanto ente-corpo presente, e quello facente è colmato, come direbbe Nietszche, dalla sua volontà di potenza, forza attiva e generatrice. Se, di contro, nell’era del semio-capitale, il processo attivo e autonomo del lavoro viene sostituito da input automatici e connettivi via via sempre più passivi, quello che si acquisisce è la volontà stessa di scegliere di non agire. Di fronte ad una frenesia concepita appositamente verso l’iper-produzione, l’individuo alienato risponde agli input in tempi sempre più accorciati, mettendo al centro del focus non più l’essere per appartenere, quanto piuttosto il suo ribaltamento, l’appartenere ad una info-sfera visiva per confermare la propria esistenza. Rispondere agli input connettivi, grazie alla condizione di visività imperativa e coatta, significa misurare il suo valore economico attraverso logiche di visibilità e riconoscimento. La responsabilità dello sguardo connettivo diventa strumento necessario per misurare la crescita del capitale stesso. Per l’infosfera, l’idea stessa di inattività digitale determina così il massimo grado di inesistenza. “Siamo stati ridotti in schiavitù dalla nostra stessa paura della vacuità” (Nicoletta De Santoli, Riposare gli occhi, 2025). Il progetto Riposare gli occhi, oltre ad identificarsi con l’omonima installazione sonora posta all’interno degli ambienti permanenti di SPAZIO HANGAR, pone al centro la riconnessione dell’io senziente attraverso una pratica transattiva, dichiarando così apertamente la sua forma di resistenza verso l’iperproduzione e l’iperstimolazione visiva. Ispirandosi alle teorie bourriaudiane, l’iter progettuale e artistico di De Santoli si interpreta e identifica come una pratica militante e relazionale, dove i media presenti all’interno degli ambienti espositivi diventano vere proprie pratiche esperienziali ed atti di guerriglia visiva. Questi non mirano a portarci altrove, ma a renderci consapevoli di ciò che sta accadendo attorno a noi come dimensione possibile, in un continuo e stato di semi-veglia e volontà di diserzione. Sottoponendosi ad una dimensione di inattività consapevole, lo spettatore sceglie attivamente di abbandonarsi a una sospensione conscia della sua attività corporea. Riposare gli occhi, nella sua natura relazionale e performativa, ragiona sulla dicotomia fra l’identità del sonno, come atto forzato al recupero, e l’idea di riposo cosciente e volontario, ostile alla società della performance. De Santoli, in collaborazione con il sound designer Gianluca Marion, crea un intreccio complesso di elementi sonori diversificati, registrazioni di frequenze e rumori di una stanza intima e buia, dove lo spettatore compie un “atto politico minimo” (De Santoli, 2025) scegliendo di sottrarsi per un momento al sistema omologante e trasformare un'azione di apparente passività in una vera e propria volontà di potenza. La volontà di non agire si alterna successivamente alla volontà di non vedere. Con Myopia, infatti, De Santoli, indaga la visività per mezzo del medium fotografico, il quale esce dalla sua natura bidimensionale diventando un vero e proprio dispositivo di relazione e visione. L’artista frappone all’immagine fotografica un ulteriore interstizio, introducendo superfici mobili di occultamento disposte secondo distanze differenti. Ed è così che la fotografia diventa testimonianza non solo di una sperimentazione e ricerca del medium stesso, ma testimonianza pratica e gestuale di un atto performativo. Le nove opere presenti rinunciano al vincolo autoritario della verosimiglianza e documentazione del reale, sperimentando esse stesse il concetto di una non visività cosciente che l’artista continua ad indagare: “Conferire all’immagine una performance, non vuol dire registrare una performance ma, nel senso dell’esecuzione linguistica che associa ad una parola a un atto, significa effettuare un immagine come si effettua un gesto” (Michel Poivert, Fotografia contemporanea, Torino, Einaudi 2021, p. 213). L’urgenza di "non visività" propria delle fotografie presenti, dove la fruizione del dato reale viene offuscata grazie ai dispositivi di occultamento, si scontra, in Lavorare stanca, con la sua impossibilità di esecuzione. Al significato concettuale dell’articolo 1 della nostra Costituzione, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, l’artista, in un video-karaoke diffuso in loop, sostituisce il suo significante con alcuni passi del pamphlet Distruggiamo il lavoro di Alfredo Bonanno recitati da Beatrice Bernini. La visività, come criterio originario e liminale di definizione del reale, rivela la sua natura contraddittoria e fittizia attraverso l’intento consapevole, da parte di De Santoli, di sottoporre lo spettattore ad un cortocircuito del segno linguistico: significato e significante abbandonano il loro insieme sistemico di appartenenza. Di fronte ad una segnata mancanza di punti di vista stabili, l’arte del nuovo millennio sembra lasciarsi guidare da uno slancio individualistico, assecondando quello che Nathalie Heinich ha definito come “paradigma contemporaneo” o “età dell’inconsistenza”, basata proprio sulle logiche di produzione imposte dall’industria culturale. Ed è per questo motivo che la funzione sociale dell’arte, come manifestazione di un pensiero politico, dovrebbe farsi, non solo produttrice di opere in quanto corpi presenti, ma spazi di interstizi relazione, atti insurrezionali collettivi. Con Ia performance partecipativa I would prefer not to, Nicoletta De Santoli, studiando il fenomeno del Tang Ping - "sdraiarsi a terra”, movimento cinese proposto da Luo Huazhong che agisce attraverso una forma di “ribellione silenziosa” - sposa il suo intento chiedendo allo spettatore di compiere il medesimo gesto, invocando l’urgenza del riposo come tensione interrogativa ed etica per celebrare la riscoperta dell’ambigua complessità dell’esistenza: “Se non c’è niente da fare, da vedere, da capire o da fotografare, cosa succede alla nostra percezione e dove si dirige la nostra attenzione?” (De Santoli, 2025).

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COMING SOON

INFO

SPAZIO HANGAR

Via Ernesto Nathan 41/43 

Roma (RM)

15 Novembre – 16 Novembre 2025

Opening: 15 Novembre ore 18:30

Domenica 16 Novembre

dalle 15:00 alle 18:30

Con il Patrocinio di 

Municipio XI - Arvalia Portuense

Partner di 

Circolo Acli Arcadia APS

Sponsor Tecnico 

Syrtis Electronics srl – Pomezia (RM)

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