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Corina Surdu

Corina Surdu nasce in Moldavia nel 1993.

Dopo la maturità artistica presso il “Liceo Accademico di Arti Plastiche Igor Vieru” di Chisinau

(Moldavia) si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma (2015). Nello stesso anno

prosegue gli studi magistrali presso l’Accademia, iscrivendosi al biennio di Grafica di arte,

durante il quale collabora per l'attività di supporto tecnico al relativo laboratorio. Partecipa

intanto a vari workshop e mostre collettive, in particolare: Sulle tracce di Ingres, Galleria Porta

latina, Roma, 2014; L’età dell’angoscia, Musei Capitolini, Roma, 2015.

Nel 2016 collabora per il progetto Triumphs and Laments di William Kentridge, Associazione

culturale Teverterno, Roma; Museo Atelier/Il Racconto e l’esperienza delle arti, workshop a cura

di Pier Luigi Berto presso i Musei Capitolini.

Nel 2017, in seguito alla mostra Antico Presente L’Accademia disegna presso il Museo

Gregoriano Vaticano, tre dei suoi lavori entrano a far parte della collezione privata dei Musei

Vaticani.

Nel 2018 conclude gli studi magistrali con la tesi Oltre la forma, sotto la guida del Prof.ssa Marina

Bindella e tiene la sua prima personale con il titolo omonimo curata da Pier Luigi Berto e

Francesca Longo presso la Galleria Chiaroscuro.

Dopo il percorso accademico partecipa a vari concorsi ed arriva in finale al Premio Fibrenus

Carnello cArte ad arte, Sora, 2018. Finalista/Menzione speciale, Premio di Grafica Pietro Parigi,

Firenze, 2018; Finalista XuYuan International Print Biennial, Beijin(Cn), 2018. Ottiene il 1° Premio

all’esposizione Espace BONNEFOY, Triennale Europea della Stampa contemporanea

Estampadura, Toulouse (France), 2019 e nel 2020 il 1° Premio (ex-aequo) Premio Paolo Picozza,

Roma.

Vive e lavora a Roma.

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L’artista sembra attestare convintamente che la realtà sussista e si materializzi in maniera concreta  attraverso e nello sguardo umano. Non usciremo mai, cioè, dalla kantiana “rivoluzione  copernicana” per la quale sono gli oggetti che ruotano intorno al soggetto e non viceversa. Il  paesaggio dell’artista e la sua natura si rifiutano di aderire all’atto cruento dell’uomo di oggi,  come violentatore della realtà. La natura cade così (delicatamente) all’interno dell’arte, intensa e  commossa perché il paesaggio è “paesaggio dell’anima” e l’anima rende d’amore ciò che tocca.  Per Corina Surdu non c’è posto per il niente essendo l’interiorità un tutto onnipervadente decisivo. La natura vista attraverso gli occhi dell’artista non concepisce pause, concentrata com’è sul suo dinamismo vibrante e seducente.  

Numerosi e diversificati sono gli strumenti espressivi messi in campo dalla Surdu: pitturaxilografia, incisione, carta fatta a mano, il tutto sotto il segno di una trasfigurazione che conduce  spesso la natura a risolversi felicemente nell’astrazione. Atmosfere uggiose e grigie sono definite  nelle sue opere da nubi concentrate e diffuse, implose e addensate, rarefatte, con tratti  filamentosi, lineari (come subendo il fascino del divisionismo) e testimoni di una natura violenta.  In altri casi, acquerelli dai tenui colori pastello, fumose materializzazioni di un’atmosfera sospesa,  propagandano la quiete e la pacatezza che sono propri di una personalità artistica gentile e  romantica. 

Sembra che nella sua stessa natura di giovane artista risieda la sospensione tra la concretezza e  la visione, tra una realtà spesso crudele e la potenza visionaria del sogno in cui perdersi.

A Cura di Federica Acierno

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